Ha fatto baciare una suora bellissima e un giovane prete. Ha messo testa a testa – o meglio: di profilo – Israele e Palestina. Ha dato celebrità ultraterrena ai jeans Jesus. Ha ritratto migliaia di corpi: giovani, vecchi, bianchi, neri, entusiasti o desolati, torniti di splendore, consumati dalla vita. Figlio del primo fotoreporter del Corriere della Sera, nato nel ’42, Oliviero Toscani ha scritto la storia della fotografia e della comunicazione italiana. Ha usato la macchina fotografica come un’arma e ha saputo costruirsi una carriera artistica che poggia su una creatività spregiudicata, totale. Guru storico di Benetton, professore in varie università, Toscani ha creato campagne pubblicitarie per i più grandi marchi italiani, ha organizzato mostre, scritto libri, prodotto programmi televisivi, ricevuto premi internazionali, catalizzato ed educato talenti, pensato e costruito progetti di interesse ambientale e sociale (celebri le sue opere sui temi della chirurgia estetica e dei disturbi alimentari, ma anche quelle sulla sicurezza stradale e la tutela del patrimonio ambientale italiano). E, da qualche anno, potete perfino assaggiare il suo olio Extravergine, bere il suo vino e indossare i suoi occhiali. Non aspettatevi soluzioni borghesi, da Toscani, e neanche comode (false) speranze. La sua certezza categorica è una: se non si è mediocri, se si è molto curiosi e molto svegli, e ci si vuol ritagliare il proprio spazio decoroso nel mondo, oggi si ha bisogno di tanto ma tanto… Jesus, naturalmente.
La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? È ora di riformare radicalmente i suoi programmi? Partendo da cosa?
La scuola di oggi non è all’altezza. Non va alla velocità della vita. Non è assolutamente pensata da chi ha un senso del presente. Parte già vecchia. Serve ai mediocri, educa i mediocri. Io sono per la descolarizzazione. La scuola non cambierà mai, in Italia. Dovrebbero cambiare tante altre cose prima che la scuola cambi.
Come potrebbe una buona scuola favorire l‘inserimento nel mondo del lavoro?
La buona scuola è fatta da buoni maestri e buoni professori. E per averli, in Italia, devi essere fortunato. Perché qui da noi i professori sono molto più portati a giudicare che a insegnare, sono molto più interessati al proprio contratto di lavoro che alla qualità del loro mestiere. Quindi, è da rivedere proprio la filosofia dell’insegnare. I ragazzi, mediamente, hanno delle teste molto più sveglie delle scuole in cui vanno.
È ancora sensato puntare a una pedagogia di tipo etico-astratto, idealistico, invece che funzionale? Non è un prendersi in giro fingendo vivo un universo di valori assoluti che la storia recente ha ucciso?
Io credo che nessuna cosa debba uccidere l’altra. È l’insieme di idealismo e praticità che fa la scuola interessante.
La formula “serve per aprire la mente” non ha il sapore di un’illusione?
Bisogna avere la fortuna di trovare il professore illuminato. E in Italia le eccellenze sono sempre poche e individuali, non sono organizzate come negli altri paesi, come in Francia, in Germania. Da noi non c’è un sistema di eccellenze: questo è il paese delle grandi individualità, delle eccellenze individuali, e della mediocrità collettiva. Alla fine, forse basterebbe una settimana di insegnamento di un grande maestro per diventare persone interessanti. Sarebbero sufficienti due o tre cose dette da una persona illuminata per dare un fondamento a tutta la vita. Invece ci sono maree di insegnanti che per anni non solo non ti insegnano niente, ma ti annoiano. Il periodo del liceo è stato per me il più brutto della vita. Il più noioso. Tremendo. Ho ricordi orribili di professori e professoresse. Ne ho conosciuti uno, due, decenti, poi sono andato a studiare all’estero. Qui funziona come con il governo: in Italia il cittadino è prigioniero del suo paese, siamo sequestrati, noi cittadini. Il nostro paese non ci aiuta, la scuola non ci vuole bene. La scuola ci castiga. La scuola ci fa dare gli esami. Vale ancora il discorso di “Lettera a una professoressa” di don Milani.
E poi, purtroppo, l’eccellenza oggi non va a insegnare, perché gli insegnanti sono trattati come degli operai di terza categoria: sono bassa manovalanza, malpagata, malnutrita, non rispettata. Andare a insegnare non è un mestiere qualificante, e quindi abbiamo degli insegnanti che non sono il massimo e che per giunta occorre difendere continuamente dalle famiglie. Dalle mamme, dai papà convenzionali, che sono i primi a educare male i giovani. Spesso non c’è niente di peggio dei genitori, per insegnare ai figli.
L’alfabetizzazione di massa è un problema ormai superato. Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?
La scuola tende a far sì che gli studenti prima o poi vengano integrati nel mondo del lavoro, però nel modo sbagliato. A scuola non si sviluppa veramente quella sinergia necessaria tra cervello, anima e cuore. Quindi, gli studenti vengono integrati, sì, ma saranno davvero mediocri, mediocremente educati, con una cultura molto limitata.
È sbagliata tutta la mentalità: oggi si va a scuola non per imparare, ma per prendere la carta. Le mamme vogliono che i figli diventino dottori, non tanto perché sappiano qualcosa, ma perché abbiano la carta e vengano chiamati dottori, anche se sono dei coglioni. Dovremmo essere più orfani, in questo paese… Vanno eliminate le mamme, le mamme con quella mentalità lì, quelle per cui è meglio un dottore cretino che un figlio intelligente senza laurea…
È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?
Soprattutto, lo stupido istruito farà gravi danni. Avrà anche delle posizioni di comando, e non potrà far altro che grandi danni. Siamo pieni, in Italia, di questi gran dottori.