Il delitto “per vedere che effetto fa” al tempo del progresso senza ideali – pubblicato su Barbadillo.it

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Dobbiamo essere felici, in fondo, perché viviamo in un’epoca di progresso. Dobbiamo ringraziare il progresso se le donne non muoiono più di parto e i bambini di morbillo, se possiamo volare da un capo all’altro dell’Europa in giornata, se ci è garantito uno stile di vita alto e non c’è più la guerra – quelle in Medio Oriente non contano, sono troppo, troppo lontane perché ci possano colpire davvero. Ora i bambini possono avere tutti i giocattoli che vogliono, le ragazze tutti i vestiti, tutti gli studi, tutte le cover del cellulare, gli adulti tutto il cibo, tutte le donne, tutto il divertimento che vogliono – anzi, stiamo diventando raffinati e capricciosi intenditori di questi nuovi piaceri: dal cibo non ci aspettiamo solo nutrimento, vogliamo un’‘esperienza’, dal vestito pretendiamo una ‘storia’, dal divertimento una ‘rivoluzione’. Rivoluzioni, passioni, storie, esperienze, abnegazione le abbiamo eliminate dalle nostre giornate per confinarle nello spazio dopo le 19 e nel weekend.
Non ci sentiremo mai soli grazie alle nuove tecnologie, ai social network. Possiamo connetterci, contattarci, conoscerci con ogni creatura al di là del mare. Internet ci garantisce ogni informazione possibile, dalla cronaca della vita politica romana a come coltivare la cannabis nell’orticello di casa. Non siamo più costretti ad andare in guerra, finalmente, non siamo costretti a contare le provviste, a risparmiare energia (lo facciamo solo se vogliamo sentirci buoni e bravi e raccontarlo agli amici), a fare una famiglia con qualcuno, a essergli/le fedeli. Insomma, viviamo in una società civile.
Credo che abbiate seguito quello che è successo a Roma. Due ragazzi del jet set della capitale, figli di ottimi professionisti e con studi altrettanto ottimi alle spalle, si sono rinchiusi nella casa di uno dei due e per due giorni non hanno fatto altro che consumare alcol e droga, non hanno mangiato, non hanno dormito, poi hanno sentito un ineffabile desiderio di far del male a qualcuno, sono usciti in macchina e, siccome non hanno trovato nessuno di comodo, a portata di mano, da seviziare, hanno chiamato un terzo ragazzo, un amico; appena arrivato gli hanno fatto bere qualche intruglio, si sono provvisti di un martello e un paio di coltelli e da quel momento hanno iniziato ad ammazzarlo in una maniera che non starò certo a ripercorrere. Uno dei due ragazzi, finito l’omicidio, se non sbaglio proprio l’ex di Flavia Vento, quello che lei descrive come un bravo ragazzo con la passione per la natura e gli animali, stava pensando a come e dove suicidarsi e aveva già in mente l’albergo. L’altro è uno che ha sempre scopato qua e là in maniera sportiva, ma ai giornalisti tiene a dirci che potrebbe riuscire a innamorarsi. Chissà, magari pensa che così gli diano la condizionale. Poi ci sono le coppiette di sfregiatori e marchiatori, con la fanciulla laureata alla Bocconi. Le donnine americane appassionate d’arte che si tirano in casa il ragazzo africano, ci stanno insieme, evidentemente se ne pentono, lo vogliono cacciare e si ritrovano fatte fuori. Poi i poveri morti per i giochini erotici, tutti gli impiccati, gli strozzati, i soffocati, gli annegati, i malmenati, gli infartuati e così via. E ancora tutti i drogati, gli alcolizzati, i disperati, i suicidi. Il nostro mondo civile ha nuovi eroi, nuovi cattivi, nuovi martiri, nuove tristezze. Il fatto è che il nostro progresso, insieme alle guerre, alle ristrettezze e al servizio militare, ha spazzato via troppe cose. Oggi nessuno sarebbe così pazzo da voler morire per un proprio ideale. Di più: nessuno vuole nemmeno rischiare qualcosina per esso. Di più ancora: forse sono davvero, davvero pochi quelli che possono dire di avercelo ancora, una specie di ideale. Perché se c’è una cosa che il progresso detesta sono gli ideali. Una persona innamorata di qualcosa non ha bisogno di gratificazioni, di compensazioni, non cerca esperienze al ristorante, se ne strafrega di mettere in moto l’economia. Non è vantaggiosa.
Il progresso ci ha tagliato la libbra di carne più vicina al cuore e ci tiene in vita con flebo e integratori. E così vanno bene anche gli omicidi per-vedere-che-effetto-fa, pur che non ci sia una guerra per passione ideologica.
Non starò certo a rimpiangere i buoni tempi andati o a farmi inondare da sentimenti come la famosa nostalgia di Pessoa per ciò che non c’è mai stato. Penso che ognuno viva nel momento giusto per lui. E che ognuno abbia il diritto-dovere di fare qualcosa di buono per la propria epoca. Ma almeno non raccontateci balle. Non pretendete che trottiamo felici. Non diteci che è tutto a posto, che va tutto bene e, soprattutto, smettetela di mettere la lettera maiuscola a giustizia, a libertà, a benessere, a salute e a tutti gli altri termini che i consulenti di comunicazione vi suggeriscono spulciando il dizionario dei sinonimi.

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