Nordica, forte, elegante. Udine si mostra così, con la sicurezza del friulano che non fa mai troppe richieste e la bellezza regale che le ha lasciato lo strascico della storia. Fin dall’antichità è stata amata per la sua posizione centrale e dominante e per la vivacità dei commerci, ed è diventata a poco a poco la città preferita dai Patriarchi di Aquileia, prima che Venezia si imponesse e favorisse l’ascesa dei Savorgnan, nobili friulani amici della Serenissima. È così che è nato lo stemma di Udine: ancora oggi la città è rappresentata da uno scudo bianco e nero con una corona ducale e un cavallo che si erge sulle zampe posteriori, insofferente, come a volersi liberare anche della gabbia del metallo prezioso. Sotto, foglie frondose incrociate di alloro e quercia.
Si respira poca pace a Udine. O meglio, si respira la pace di chi sa fare bene la guerra.
Dietro il castello, le piazze, le scalinate e le pietre della città ci sono anni e anni di scontri. Ci sono le morti e le vendette della terribile faida friulana, il ‘crudel joibe grasse’, la guerra civile più sanguinosa d’Europa, in cui gli aristocratici filo-veneziani si scontrarono con la nobiltà antica, mentre i bravi pazziavano e la popolazione ribolliva e festeggiava il carnevale vestendo i panni dei duchi sterminati. Ci sono le esplosioni della Prima Guerra d’Indipendenza e il desiderio di libertà di tutta la regione, piegato dagli incendi della dominazione austriaca e raccontato dalla scrittrice Caterina Percoto. Ci sono le vicende di quando Udine fu ‘capitale della guerra’ durante la Prima Guerra Mondiale, fino alla disfatta di Caporetto. Ci sono scoppi di polveriere, un altro conflitto mondiale, un dopoguerra aspro, un terremoto, una ricostruzione. Una croce al merito e una medaglia al valor militare. La bellezza di Udine è fatta di questi soldati, è dura, severa e intelligente come quei volti ambigui di donne non perfette. Rientra tra quei paesaggi minacciosi, poco levigati, dove non puoi fare a meno di inoltrarti. La leggenda sulla sua nascita è aspra: le voci dicono che a fondarla sia stato il terribile Attila, chiedendo ai suoi di erigere una collina per permettergli di godersi da lontano lo spettacolo del fuoco che avvolgeva Aquileia.
Adesso che c’è la pace, se passi per il centro di Udine, la traccia delle strade ti avvicina per cerchi concentrici al castello: sono strade dove puoi incontrare chiese maestose, neoclassiche o longobarde, torri e logge veneziane, corsi d’acqua, leoni alati, vie strette come i vicoli di Venezia, piazze aperte e ordinate come gli spazi dell’Austria, scritte a mano sulle tovaglie di carta delle osterie, edifici medievali, cascate di fiori da balconi liberty, vecchi locali illuminati da candele, corti interne, foto di Tina Modotti, immagini di Gianbattista Tiepolo, negozi di design, teatri, cinema, biblioteche, università, caffè con enormi vetrate, facciate di palazzi elegantissimi. Tutto è ordinato e sensato come in una crasi tra Atene e Sparta. È tra queste strade che incontri misteri che nessuno ti potrebbe raccontare altrove: come la vera storia che ha ispirato Giulietta e Romeo, quella dei due giovani Luigi da Porto e Lucina Savorgnan, appartenenti a due famiglie nobili in odio tra loro, che racchiude dettagli ancora più struggenti del capolavoro di Shakespeare.
Anche quando sei in compagnia, a Udine, ti ritrovi un po’ da solo: ci sono troppi echi, di secoli e secoli, tra quegli edifici, perché tu non ne venga risucchiato.
Silvia Valerio
Articolo pubblicato sul mensile CulturaIdentità.