Ci racconti un po’ chi è, cosa fa e cosa vorrebbe fare nel futuro.
Ottimo! Adoro i racconti. Allora… C’era una volta una fanciulla di diciotto anni che viveva in una città d’Italia assieme al suo grande amore per tutto quello che è libero e prodigioso, di ogni genere e specie. Da quando aveva visto la luce, tante persone malvagie, travestite da bravi e buoni – e, credetemi, sono tantissimi -, avevano cercato di ostacolare il suo grande amore e di convincerla soprattutto che le cose importanti non erano quelle, ma infinite altre. Come ad esempio: a scuola aprirsi la mente studiando tutto (e niente – pensava la protagonista), diventati grandi trovarsi un lavoro, non importa se compatibile neppure vagamente con le proprie inclinazioni, per mantenersi (in vita o in morte?), e infine un buon fidanzato (fidanzato con chi? Con me o anche con altre tre che non conosco – si chiedeva la nostra). La fanciulla di diciotto anni pensava, insomma, che tutto questo fosse molto sbagliato e ipocrita, che portasse solo a tanta incertezza e tristezza e amarezza e che il mondo non avesse bisogno di una persona incerta, triste e amara in più. Così, decise di cercare in tutti i modi di mantenere in vita il suo grande amore ostacolato per la libertà e i prodigi, di ogni genere e specie. E questo si augurò – e si augura tutt’ora – di poter fare fino alla fine dei suoi giorni. Sperando di vivere felice e contenta.
Come è nato il suo” C’era una volta un presidente – Ius primae noctis”?
È nato su una scrivania ingombra di libri di scuola e di giornali, un’estate fa, mentre io studiavo per l’esame di maturità e mentre i media tutti si studiavano di dipingere Ahmadinejad come il cattivo – anzi, il pessimo – della politica internazionale, come il gran tiranno che si alimenta della libertà di giovani e donne. Da che pulpito – mi è venuto da pensare. Quando tutta questa società assolutamente falsa, certo con metodi apparentemente non violenti, cerca in ogni modo di sopprimere libertà esteriori e interiori, e ci riesce, purtroppo, il più delle volte, mettendo sotto silenzio le voci scomode, distraendo l’attenzione per non far pensare, drogando le persone con gli stupefacenti linguistici delle belle parole che però non vogliono dire nulla, iniettando sonniferi nei canali d’informazione. Quando uno se ne accorge, se ancora è possibile farlo, è troppo tardi. Dunque, questo libro è nato con me come madre, e, come padre, in piccolo, il mio trascorso personale di ragazza adolescente e, in grande, il trascorso di milioni e milioni di adolescenti, e non solo, che da questo stato di cose vengono distrutti, non hanno più ideali, non hanno più desideri, non hanno più speranze, si rifugiano nell’alcool, nella droga, o direttamente nel suicidio (per dare solo qualche cifra: il consumo di psicofarmaci tra i giovani negli Stati Uniti è passato dai centicinquantamila del 1970 agli undici milioni del 2004). Dal vaso di Pandora di questa modernità assassina sono sfuggiti tutti i mali – ma la speranza, se mai c’è stata, non si fa trovare. Altro che “migliore dei mondi possibili” – questo è il migliore dei mondi impassibili, cinico fino alla spietatezza.
Del libro si è scritto tanto e, forse, anche a sproposito: qual’è lo scopo del suo primo libro? Davvero è un omaggio al presidente Ahmadinejad o c’è dell’altro dietro?
Cercando un’immagine nel campo della fisica, malgrado non sia uno dei miei preferiti, io mi auguro che questo libro sia quel battito d’ala di farfalla che provoca un ciclone dalla parte opposta della terra. O, se non altro, il mio augurio è che tante altre farfalle decidano di battere le ali della propria passione piuttosto che adagiarsi nell’inerzia e lasciarsi imbalsamare dalla pubblica opinione. Direi che è migliore come scenario, no?
La Vallecchi, che l’ha pubblicata, perchè ha deciso di farlo? Forse perchè sapeva che avrebbe scatenato un putiferio?
All’editore è piaciuto molto il mio stile di scrittura. Che ci abbia visto qualche affinità elettiva con quei simpatici futuristi che Vallecchi pubblicava all’inizio del secolo scorso?
Lei parla sempre di conformismo della società: è stato anticonformista scrivere un libro di questo tipo, essere attaccata e criticata ovunque? Anche questo è il motivo per cui ha scritto “C’era una volta un presidente”?
Il fatto che io abbia scritto un libro del genere è certamente anticonformista. Invece, il fatto che io sia attaccata e criticata è certamente strano. Perché in fondo, il messaggio che il libro sottende è una semplice e purissima difesa: di noi donne, della libertà, della capacità e della necessità di fare scelte, dell’agire, del non rassegnarsi, del ribellarsi a quello cui è giusto farlo. Però è chiaro che per arrivare a un messaggio bisogna aprirlo, almeno, un libro. Parafrasando, lo scoprirete solo leggendo. Ecco. La situazione mi ricorda tanto quei bimbi che non vogliono bere la medicina perché ha un colore strano e anche se non ci hanno nemmeno posato le labbra dicono che è cattiva. Guardate che chiamo l’uomo nero…
In più di qualche passaggio del libro lei parla di libertà delle donne sotto tutti i punti di vista: non è un controsenso parlare di libertà femminile accostandola all’Iran, Paese dove per tradizione le libertà sono negate? Oppure, anche in questo caso, la provocazione è stata scambiata per realtà?
Quello che avevo da dire sulla libertà l’ho già espresso e impresso in lungo e in largo. Riguardo alla sua ipotesi su sensi e controsensi: i cinque sapevo di averceli a posto, magari anche un briciolo del sesto, forse, ma il controsenso non avrei mai detto di doverlo mettere in lista. Se lei è convinta, vorrà dire che bisognerà andare a lezione di (contrad)dizione da tutti quelli che mi criticano mentre io li difendo – perché se l’Iran è un paese dove le libertà sono negate per tradizione (ci sarebbe da sbizzarrirsi, soprattutto sulla storia del “per tradizione”, ma vabbè), qui le libertà sono negate per tradimento.
Quanto c’è di reale nel suo primo libro? Intendiamo un po’ di tutto: dalla storia della 19enne vergine alla scelta del personaggio chiave, Ahmadinejad appunto…
Tutto vero, dalla A alla V – di vergine.
Si sente una 19enne come tante altre o sente di avere qualcosa in più, o in meno, rispetto alle ragazze italiane?
Oddio. Per fermarsi alla fisiologia, credo di avere quell’ “in più” che devo ancora concedere a un maschietto.
Qual è il suo sogno? Dove vuole arrivare? In politica?
Il mio sogno… qui si apre una questione. Sa che io sono un tipetto superstizioso, e i sogni belli preferisco non rivelarli perché sennò non si avverano; gli incubi invece meglio “buttarli fuori” perché così ci si libera del peso. Ora, il mio è un sogno per me, ma un incubo per i falsari di questa società. Che dire? Facciamo così: per liberarmi dell’imbarazzo della scelta rimando alle risposte sopra ed escludo l’ipotesi politica. Si dovrebbe dedurre che il mio è un sogno letterario.
Ultima domanda: che progetti ha in cantiere? Ci dobbiamo aspettare un secondo libro altrettanto scabroso oppure ci regalerà qualcosa di più soft?
Venga, le mostro il mio cantiere! Sto lavorando, sì, proprio a un secondo libro. Indossi l’apposito caschetto, la prego, e faccia attenzione a dove mette i piedi: non è che ci siano chissà che pericoli, per carità, niente cattivi presidenti stavolta, e nemmeno cattive verginità o cattivi racconti autobiografici; il tema sarà un po’ realtà e un po’ fantasia, un po’ presente e un po’ futuro, un po’ di tutto all’inizio e un po’ di niente alla fine. Però il tono satirico è sempre quello, ed è meglio, in ogni caso, cautelarsi e usare le apposite misure di protezione. Potrebbe sempre piovere qualcosa dall’alto.