Non ho mai avuto nulla contro chi svela le ingiustizie e le combatte, contro chi cerca di andare oltre a quello che ci raccontano i due tre giornali di punta e chi grida che il re è nudo. Anzi. Figuriamoci. Però, nello stesso tempo, ho sempre avuto la sensazione sgradevole che adesso anche svelare le ingiustizie sia diventato un mestiere fighetto, a la page, a poca distanza dai mestieri di attore, giornalista e calciatore quanto a prestigio, e che quella dei nuovi giustizieri senza macchia e senza paura sia una categoria in continua espansione. Ognuno ha una cifra propria distintiva, chi lo fa con energia, chi con malinconia, chi con divertimento, chi da solo, chi in gruppo, chi in televisione, chi sul giornale, chi in piazza, ma la caratteristica predominante di queste nuove leve è principalmente una: il moralismo. Tendenzialmente, ognuno di questi giustizieri non si accontenta e appaga di svelare il suo arcano con i mezzi a disposizione, ma ci tiene anche a fare la predica, pure a te che magari sei dal principio d’accordo. E, non so perché, ma a me in quel momento cominciano a stare sul cazzo. Sarà una idiosincrasia istintiva per chi ti vuole fare la lezione, sarà perché preferisco i fatti o anche le nude parole ai toni, sarà perché lo si sa dai tempi della scuola che quelli perfettini, allineati e sempre a posto poi dentro sono potenziali canaglie e sarà perché quando tu scopri davvero un’ingiustizia ti viene da prendere qualunque tono: brusco, violento, tragico, poetico, disincantato, filantropico, misantropico e via dicendo, ma moralistico mai e poi mai, sarà questo o quello ma quando sento certe tirate da gesuiti a me qualche sospetto viene. Così spesso mi sono guadagnata fama di stronzetta e di cinica bastiancontraria. Poi però qualche volta succede che la vera verità venga allo scoperto e che, per esempio, due giustizieri esemplari come gli inviati di Striscia la notizia Fabio e Mingo vengano cacciati per falsi servizi.
Ohibò.
Devo confessare che guardare Striscia la notizia non è mai stato uno dei miei hobby; ho sempre trovato più eccitante leggere romanzi americani, pascolare per la città o innaffiare le piante, però gli inviati ce li ho presenti e quello che mi ricordo è l’impressione che loro fossero tra i più moralisti di tutti, addirittura con una figura (quello più ciccione tra i due) deputata a trasmettere il senso di violazione etica con la sua presenza silenziosa e i suoi occhi a palla. Da un lato sono contenta, perché almeno così verrà messa una piccola pulce nell’orecchio a qualcuno di quelli che non guardano più in là del loro naso e bevono qualunque sostanza venga offerta loro dai cosiddetti opinion leader. Dall’altro canto, immagino che non sia stata una vita facile neanche la loro, quella dei due inviati: sfornare di continuo servizi eccitanti per l’italiano seduto in poltrona, ormai già viziato ad aspettarsi, con la puntualità del tramonto, uno scoop sui falsi medici, falsi astrologi e sui maltrattamenti di animali; una vita tesa tra l’ansia delle scadenze televisive ed editoriali, della concorrenza estera (le Iene, la Gabbia etc etc), e interna (tutti gli altri numerosi collaboratori della trasmissione), il lento degradarsi della qualità in quantità, la crisi del settimo anno (o giù di lì) di lavoro, le tentazioni delle veline a un passo dal luogo di registrazione. E poi in fondo l’Italia, per quanto multiforme, per quanto puttana per tradizione, è una, poche centinaia di migliaia di chilometri quadrati e anche tanta natura più o meno incontaminata, tanti insetti, scoiattoli, mare, mandolini e Borsalini e gente stesa che prende il sole e vivaddio, non è mica detto che uno possa trovare sempre, a ogni costo, qualcuno da sputtanare. E, soprattutto, verrebbe da dire, all’italiano medio, alzati un po’ tu da quella seggiola e invece di aspettare la pappa pronta che ti metta a posto la coscienza facendoti provare la tua indignazione quotidiana, pensa tu a non commettere ingiustizie, visto che ne hai una caterva, di occasioni, in famiglia, con i tuoi genitori, con i tuoi figli, al lavoro, in politica, con i tuoi gusti, i tuoi acquisti, con i libri che leggi, la musica che ascolti, i film che guardi, i tweet che mandi, i post che pubblichi, i pensieri che nutri, le cose che dici, che fai, e soprattutto quello che non dici e non fai. Verrebbe da dirgli che è tanto facile piagnucolare a posteriori che Tenco è un grande, Van Gogh un genio ed emozionarsi per Keats e Dino Campana, e così sentirsi fighi e colti, adesso che su Tenco, Van Gogh, Keats e Dino Campana siamo più o meno tutti d’accordo. Smetterla di fare i vampiri dei cazzi degli altri e dedicarsi alla manutenzione dei propri, che penso ognuno abbia – i propri cazzi, dico – travolti da una selva di erbacce in stile vegetazione malata. Visto che l’Italia l’hanno fatta gli italiani, e la crisi pure, e ora c’è anche molto da fare per disfarla, per cui impiegare del tempo e delle energie anche su quel versante non sarebbe male.
Insomma, io credo che Fabio e Mingo siano solo le ennesime vittime del sistema. In fondo, il loro peccato è stato quello di farsi prendere la mano e rispondere alle richieste del mercato anche senza che ci fossero materie prime da spendere, un po’ come il protagonista di quel dramma di Miller ‘Erano tutti miei figli’ che aveva spedito al ministero della difesa aerei da guerra difettati, e evitare di dire chiuso per ferie, ci si vede alla prossima ispirazione, arrivederci.
E adesso loro, i moralizzatori, sono stati moralizzati. Ma almeno, come tutti i fenomeni che smettono di essere falsi, sono diventati un po’ meno antipatici.