Medico, patologo ed epidemiologo, Franco Berrino ha dedicato gran parte della sua attività di ricerca a sondare le correlazioni tra tumori e alimentazione, stile di vita, livelli ormonali. Diventato una figura di riferimento nell’ambito del benessere, da anni si dedica all’attività di divulgazione allo scopo di diffondere il valore di un’alimentazione sana e di uno stile di vita in contrasto con i ritmi e le ossessioni della vita contemporanea.
Lo abbiamo incontrato nella cornice rinascimentale di Villa dei Vescovi di Torreglia (Padova), nel corso di una giornata organizzata dal FAI, in collaborazione con l’associazione La Grande Via, dedicata ai benefici della ‘Vita sobria’ e dell’ozio creativo, che ha inaugurato il ciclo di eventi autunnali della villa.
La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? Che cosa cambierebbe, che cosa toglierebbe, che cosa introdurrebbe?
“Sono molto preoccupato di questa nuova finta malattia che si sono inventati: l’ADHD. Si denunciano bambini sempre più agitati, sempre più aggressivi, sempre più disattenti, senza naturalmente mettere in discussione le loro diete e i loro stili di vita. È normalissimo che i ragazzini non riescano più a concentrarsi, alla fine della mattinata, finché a colazione continuano a divorare porcherie industriali. Se si mangiano zuccheri o cibi che innalzano molto la glicemia, seguirà una reazione del pancreas che provocherà un abbassamento della glicemia. E quando si abbassa la glicemia, il cervello non funziona bene. Per forza si diventa distratti e aggressivi. A casa e nelle mense scolastiche, diamo da mangiare ai nostri bambini del cibo sano. Spingiamoli a nutrirsi di cibo e non di trasformazioni e raffinazioni industriali.
Un altro aspetto che mi disturba è che i nostri bambini vanno a scuola troppo presto. Bisognerebbe invece fare in modo che al mattino possano dormire di più. E che non si alzino, per esempio d’inverno, quando non c’è ancora il sole. Per lo meno sarebbe opportuno cambiare gli orari in estate e in inverno”.
Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?
“La libertà è un valore fondamentale. Se vogliamo che un bambino si appassioni allo studio, dobbiamo far sì che possa approfondire quello che lo incuriosisce. Un bambino avrà successo a scuola se si innamora di quello che sta studiando. Diamogli questa possibilità. Qui entrano in gioco di prepotenza le capacità degli insegnanti. Un insegnante stanco, un insegnante che non ama la vita dovrebbe essere espulso dalla scuola.
All’inizio del percorso scolastico, l’ideale sarebbe permettere ai bambini di imparare immergendosi nei grandi miti dell’umanità. Un bambino di sei anni non domina ancora il pensiero logico-razionale, ma può apprendere moltissimo attraverso le emozioni. Accendiamo in lui la compassione, suscitiamo l’amore. Portiamolo vicino al cuore dei grandi miti che hanno scandito la storia dell’umanità. E intanto introduciamo anche delle nozioni, ma facendole passare attraverso la narrazione. I bambini adorano le fiabe. Io ho raccontato le fiabe ai miei figli fino ai loro 14 anni, tutte le sere. Si può imparare moltissimo così”.
È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?
“Sì, viviamo in un mondo di stupidi istruiti. Per essere precisi: viviamo in un mondo di super-istruiti in campi sempre più ristretti. E, come scrisse Konrad Lorenz: siamo talmente specializzati su campi sempre più ristretti che finiremo per sapere tutto su niente. E invece dovremmo liberare e ampliare la nostra mente. L’istruzione di oggi, con il suo mito dell’iper-specializzazione, porta ad avere menti di dimensioni claustrofobiche. Prendiamo il mondo medico per esempio: conosce tantissimo sui farmaci, sulle tecniche terapeutiche e diagnostiche, ma sembra aver completamente dimenticato che l’uomo vive di cibo quotidiano”.