Questionario proustiano sulla scuola#32. Lo scrittore Pellai: “Cambiamo la formazione dei prof”

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Medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, oltre che ricercatore presso il dipartimento di Scienze Bio-Mediche dell’Università degli Studi di Milano, dove si occupa di prevenzione in età evolutiva, Alberto Pellai è autore di centinaia di pubblicazioni sui temi dell’adolescenza, del benessere familiare e scolastico, della prevenzione di disturbi e abusi. Nel 2004 ha ricevuto la medaglia d’argento al merito della Sanità pubblica da parte del Ministero della Salute per la sua attività. Collabora con diverse testate in cui promuove la cultura sui temi relativi alla fase più delicata della crescita e ha curato e condotto trasmissioni per Radio24.
È autore di molti best-seller per genitori, educatori e ragazzi, tra i quali Tutto troppo prestoGirl R-evolution e, a quattro mani con Barbara TamboriniI papà vengono da Marte, le mamme da Venere e L’età dello tsunami, tutti editi da De Agostini. Il suo ultimo libro, sempre per le edizioni De Agostini, è Il primo bacio, L’educazione sentimentale dei nostri figli adolescenti.

 

La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? È ora di riformare radicalmente i suoi programmi? Partendo da cosa?

È vero che alcune competenze legate al sapere e al saper fare nei programmi ministeriali non rispondono ai bisogni e alla complessità del diventare grandi oggi. E, soprattutto, c’è un’area, quella del saper-essere, legata alle competenze emotive pro-sociali degli studenti, che è davvero molto sguarnita e impoverita. La famiglia fatica a farsene carico, aspettandosi che sia la scuola a occuparsene. E la scuola di oggi, così com’è, spesso non è in grado di rispondere a questa aspettativa.

 

Che cosa cambierebbe, che cosa toglierebbe, che cosa introdurrebbe?

Cambierei i curriculum di formazione dei docenti, in particolare di quelli che andranno a insegnare alle scuole medie. Trovo che questa scuola disciplinare manchi di tutta la competenza relazionale ed emotiva che serve per entrare in sintonia con i bisogni di crescita, molto complessi, del preadolescente.

Interverrei poi sugli ambienti scolastici. Come la casa racconta lo stile e la qualità delle relazioni delle persone che ci vivono, così gli edifici scolastici rivelano la vita possibile al loro interno. A volte si entra in scuole profondamente datate e inadatte a ospitare una giornata formativa efficace.

In terzo luogo, proverei a generare maggiore connessione, a usare di più il modello delle intelligenze multiple. Ovvero, mettere in relazione le diverse materie con una modalità multidisciplinare, in maniera da sollecitare intelligenze diverse: insegnare l’italiano con la musica, così come insegnare la musica con l’italiano. O ancora: mettere l’esperienza corporea al centro della vita di classe, insieme a una serie di iniziative che sono all’ordine del giorno nelle scuole svedesi, e spesso capita di leggere anche da noi in progetti scolastici molto innovativi, ma che difficilmente poi vengono messe in opera davvero.

 

Come potrebbe una buona scuola favorire l‘inserimento nel mondo del lavoro?

Con un progetto che in teoria era presente anche nel percorso dell’alternanza scuola-lavoro. L’idea è stata ottima, però purtroppo fallimentare nella sua realizzazione pratica. Chi fa quest’esperienza deve poter mettere in gioco competenze professionali adeguate al suo livello di conoscenze e al suo percorso di studi, e invece non sempre ci si è organizzati in questo senso.

 

È ancora sensato puntare a una pedagogia di tipo etico-astratto, idealistico, invece che funzionale? Non è un prendersi in giro fingendo vivo un universo di valori assoluti che la storia recente ha ucciso? La formula “serve per aprire la mente” non ha il sapore di un’illusione?

La dimensione etica all’interno della prospettiva educativa ha importanza cruciale. La scuola deve rimanere un luogo dove ideali e valori sono presidiati, un luogo che grazie all’etica e alla meritocrazia permette al competente di diventare ‘potente’.

 

L’alfabetizzazione di massa è un problema ormai superato. Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?

A fianco di un programma forte e uguale per tutti, sarebbe davvero bello e interessante dar vita anche a una scuola dei talenti, pluri-curriculare, dove ognuno possa mettere in gioco le proprie doti personali in un percorso in grado di allenarle e valorizzarle. Un progetto utopico? Forse, ma certamente auspicabile.

 

Non è necessario, sempre, dalle elementari alle superiori, lasciare ai ragazzi del tempo per coltivare altre qualità oltre all’efficienza della mente?

Sono un fautore dell’educazione emotiva e pro-sociale e del modello cooperativo di apprendimento. Quindi sì, di sicuro si potrebbero immaginare delle ore specifiche da dedicare a queste aree, oppure al fatto che queste aree siano sollecitate in maniera trasversale durante le altre ore. È poi bello che i curriculum diventino anche meta-curriculum: curricula trasversali che si integrano e interfacciano.

 

È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?

Lo stupido istruito è il classico vaso riempito, che si può tappare limitandosi a guardarlo dall’esterno – tanto, di quello che ha dentro non si fa nulla. È una figura però che piace moltissimo a certi sistemi organizzativi e politici, perché estremamente funzionale.

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